Che le regioni di confine tra uno Stato e l’altro costituiscano delle sorte di ‘terre di mezzo’ è risaputo, e l’Alto Adige, o Sudtirol, in questa ottica è emblematico sia per le valenze etniche che culturali.
Basta entrare in un Gasthaus per capire che l’Alto Adige mostra le sue peculiarità di terra di confine anche da un punto di vista enogastronomico in generale e vitivinicolo in particolare, fino a spingersi ad essere considerato in questo settore un vero e proprio crocevia d’Europa.
Un territorio montuoso nella quasi totalità, con una superficie vitata complessiva di poco più di 5.000 ettari e terreni prevalentemente di origine granitica (calcare dolomitico) nella zona di Bressanone e porfido rosso l’altopiano di Bolzano.
La coltura e la cultura del vino qui si perde nella notte dei tempi, almeno 1000 anni prima della nascita di Cristo, grazie agli Illiri che importarono i vitigni e ai Reti che probabilmente svilupparono l’allevamento a pergola della vite. Il già fiorente sviluppo della viticoltura fu ulteriormente migliorato con l’arrivo dei Romani, mentre, come in tutto il comprensorio europeo, nel Medio Evo la coltivazione della vite si mantenne grazie all’opera degli ordini monastici.
La prima considerazione da fare è che questa regione mostra una tenace coerenza con il passato nell’offerta dei vitigni autoctoni: la schiava, nelle sue varianti, trova tutt’oggi una soddisfacente collocazione nella produzione, essendo, con circa il 20%, il vitigno a bacca nera più prodotto.
Non solo, la schiava, pur avendo avuto come zona di origine il meranese, trova uno spazio tutto suo con la sottodenominazione Santa Maddalena nella conca bolzanina dove, grazie anche ai rendimenti più bassi, esprime corposità e pregevolezza.
Anche il lagrein, che come la schiava viene allevato in Alto Adige da oltre mille anni, trova la sua dimensione vinificato in purezza, per il suo colore intenso e i variegati profumi floreali e frutati.
Ma Alto Adige è sinonimo di gewurztraminer, il terzo vitigno autoctono della regione, caratteristico per la sua aromaticità e i profumi esotici, tutt’oggi vino rappresentativo di questo territorio.
Il secondo aspetto che colpisce è che l’Alto Adige, pur subendo le influenza vitivinicole austro-germaniche, ha saputo fornire una proposta personale ed evoluta nei prodotti a base di questa tipologia di vitigni.
E così riesling, kerner, sylvaner e veltliner, che trovano nella Valle dell’Isarco la giusta collocazione, oggi rappresentano una realtà consolidata e i loro prodotti non temono confronto con altri blasonati bianchi italiani.
Infine lo sviluppo negli ultimi tempi di una sempre più avvincente produzione di vitigni internazionali, alcuni dei quali trovano nel Sudtirol quella giusta collocazione che consente di avere prodotti altamente competitivi: primo su tutti il pinot bianco che trova nella Valdadige la collocazione migliore, zona che si presta molto bene anche all’allevamento di chardonnay e sauvignon.
In quest’ottica non dobbiamo dimenticare la Val Venosta come zona ottimale per l’allevamento del pinot nero e del riesling.
Fondamentalmente sono 6 le zone di produzione che si sviluppano lungo le direttrici dei due corsi d’acqua più importanti, l’Adige e il suo affluente Isarco.
La Bassa Atesina è la zona di Termeno (Tramin) in cui si produce l’aromatico gewurztraminer: posta a sud della provincia è zona collinare e calda, in cui si prediligono le vendemmie tardive; buona zona di produzione anche del pinot nero.
L’Oltradige è il comprensorio dei comuni di Appiano e Caldaro, vera culla dei vini rossi, schiavain particolare anche se con espressione di poco corpo, mentre i bianchi (gewurztraminer, sauvignon, pinot bianco) si esprimono meglio ad altitudini maggiori.
Nei Colli di Bolzano le produzioni di lagrein di Gries, mentre la schiava con la sottodenominazione di Santa Maddalena (St. Magdalener) e si esprime con maggiore struttura.
Nel Meranese la schiava assume maggiore freschezza e fragranza; questa è zona di produzione anche di pinot neroe merlot, che qua si caratterizzano per maggiore complessità e struttura.
La Valdadige (o Etschtaler) è la zona interregionale con Trentino e Veneto con tre sottozone interessanti: Terlano (Terlaner), Nalles eAndriano, zone di pregio grazie alle arenarie che favoriscono ottime produzioni di chardonnay,sauvignone pinot bianco moltominerali predisposti all’invecchiamento.
Terreni magri e sabbiosi con scisti e gneiss e clima più secco quello della Valle Venosta (Vinschgau) che regalano un pinot nerodi qualità e un rieslingdi grande eleganza e struttura.
La Valle Isarco (Eisacktaler)è da considerarsi la zona più a settentrione per la produzione di vini non solo della regione ma di tutta Italia, una produzione al 95% di vitigni a bacca bianca messe a dura prova dalle forti escursioni termiche: sylvanere soprattutto kernersi caratterizzano per decisa freschezza, mineralità e struttura; più profumati veltlinere muller thurgau.